Quel tiepido dì di fine marzo, occorse loro una cosa che giammai avrebber potuto immaginare; la quale, se da un lato avrebbe scosso i loro intelletti dal torpore nel quale parean trovarsi -ché tale, benché non lo fosse, appariva il loro misero e tapino stato al di lui cospetto- d'altra parte li riempì di una gioia indicibile. Incontratolo -dunque- ch'ebbero nella regale sala da pranzo, dopo aver desinato, essi recaronsi unitamente in un esclusivo ed elegante locale, ove consumarono una bevanda, discutendo vivacemente ed amichevolmente de' più disparati temi, senza trascurare i più scabrosi, i quali, però, venían trattati con tal garbo e discrezione che neanche Monna, s'ivi fosse stata presente, avrebbe avvertito quello strano fremito ch'ella invano cercava di dissimulare, ma che manifestavasi con l'apparir dell'ormai ben notto rosore verginale.
Lasciato il locale, presero la via di casa, ove recaron seco anche l'illustre compagno della loro indimenticabile serata, la quale sarebbe rimasta negli annali della storia.
Trascorsero la notte tre dotte conversazioni e varie, talora toccando i consueti temi scabrosi, ma sempre con la solita classe, e attesero così l'albegiar, che non tardò ad apparir allorché l'Aurora attraversò il cielo biancheggiando sulla cima del vulcano, portando seco il cocchio del sole tirato dai cavalli alati.
(Massimiliano Noto. Napoli, 31/III/1990. Escrit en italià antic).
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